Connected Car è un concetto che fino a dieci anni era considerato fantascienza e da non confondersi con In-Car Internet, vale a dire un’auto connessa al Web. Connected Car consiste in un tassello fondamentale di ciò che comunemente conosciamo come guida autonoma. Il veicolo che sfrutta questa tecnologia è infatti capace di comunicare con qualsiasi asset: un altro automezzo, un’infrastruttura posta lungo la strada, un cloud o addirittura un pedone.
Grazie all’interscambio di informazioni e la capacità di elaborarle, l’obiettivo delle Connected Car è fornire una guida più sicura e in grado di adattarsi alle condizioni esterne. Il guidatore non è però escluso da questo processo, bensì ne mantiene la supervisione.
Esistono infatti cinque livelli di automazione: si parte da zero dove l’autista deve occuparsi di ogni aspetto della guida, fino a cinque là dove il veicolo viene gestito del tutto dai sistemi di bordo.
In Europa è consentito fino al livello tre vale a dire auto in cui vi sia un’autonomia condizionata. Il guidatore può assumere il controllo in qualsiasi momento, ma il sistema è in grado di operare su velocità e cambi di direzione in condizioni di normale andatura.
3 tecnologie per le connected car
La guida autonoma di livello cinque è l’obiettivo del futuro. Al netto delle problematiche legali relative alla responsabilità in caso di incidenti, il principio delle Connected Car coinvolge tre attori:
- veicolo,
- strada,
- infrastruttura di rete.
Insieme a questi ci sono altrettante tecnologie:
- interna all’auto,
- esterna,
- standard di trasmissione.
Il veicolo deve essere dotato di una one-board unit in grado di gestire ed elaborare un continuo e ingente flusso dati. Rispetto al mezzo che basa il suo sistema sulle sole informazioni rilevate internamente, una Connected Car recepisce quanto raccolto da ciò che la circonda. Stiamo parlando di impianti, sistemi mobile, control-unit di altri veicoli, asset IoT o wearable device nel caso di dati provenienti da pedoni.
A livello stradale deve esistere un’infrastruttura basata su una rete di Road-Site Unit, capace di rilevare i dati di interesse e trasmetterli all’auto in modo sicuro. Per farlo è quindi necessario un gateway che connetta il veicolo agli asset, rispettando le più stringenti normative e pratiche in fatto di privacy e sicurezza.
Lo standard di trasmissione, infine, deve essere veloce e altrettanto inattaccabile. Grazie al C-V2X (Cellular Vehicle to V2X) che sfrutta la tecnologia mobile 5G e le diverse declinazioni di connessione, è possibile sfruttare a pieno le potenzialità delle Connected Car.
Tante competenze per un unico obiettivo
Più tecnologie ci sono in gioco e maggiori e poliedriche devono essere le competenze. Le Connected Car non sono costrutti teorici, ma una solida realtà in costante crescita destinata all’utilizzo quotidiano da parte di chiunque. Le aziende impegnate in questo frangente hanno quindi l’obbligo di possedere specifici reparti di progettazione con le rispettive qualità.
In primo luogo, la capacità di realizzare software innovativi sia per le auto sia per gli asset stradali, in grado di dialogare tra loro riducendo a zero le possibilità di errore. Servono team di sviluppatori firmware e software, sia a livello applicativo che HMI (Human Machine Interfaces), capaci di costruire il cuore dei sistemi che però devono avere un occhio di riguardo per la semplicità nell’output. Il guidatore non è un tecnico che fa fronte a interfacce complesse e settoriali. Tutte le informazioni che coinvolgono il veicolo devono essere restituite all’utente finale, quindi semplici e immediate da cogliere. I cockpit virtuali, per esempio, necessitano di software tanto complessi nella progettazione dell’input, quanto intuitivi nell’esposizione.
Insieme al software c’è sempre l’hardware che in questo caso riveste un ruolo centrale nel campo del Road-Site Unit. Le unità V2X-I (Vehicle to Infrastructure) e I2V (Invisibile to Visible) devono essere installate su supporti specifici a bordo strada: semafori, lampioni, autovelox, dissuasori del traffico e così via.
Infine, ma non per importanza, è obbligatoria una competenza nel campo delle reti e della cyber security. È infatti necessario un approccio a un’infrastruttura focalizzata sulla trasmissione a banda larga, con gateway che garantiscano l’integrità dei dati.
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