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AI software development: come cambia la progettazione nell’era degli agenti intelligenti

AI software development: cos’è e come cambia il ciclo di vita del software

 

Lo sviluppo software sta attraversando una trasformazione di portata storica. A differenza delle precedenti evoluzioni tecnologiche, caratterizzate dall’adozione di strumenti più performanti o nuovi framework, oggi assistiamo a un vero e proprio paradigm shift: l’AI generativa, e in particolare gli AI agent specializzati, stanno generando un impatto significativo su molteplici processi e fasi del ciclo di vita del software (SDLC) contribuendo a definire quello che oggi identifichiamo come AI software development.

Basti pensare che, secondo GitHub, il 92% degli sviluppatori statunitensi utilizza già strumenti di AI generativa – come Copilot – all’interno o all’esterno del lavoro, e oltre il 70% dichiara di produrre codice di migliore qualità più rapidamente. Il dato conferma che non si tratta di una tendenza di nicchia, ma di un passaggio di massa verso un nuovo paradigma.

Ma cosa rappresenta concretamente questa evoluzione e quali sono le sue implicazioni per l’industria del software? Analizziamone i dettagli.

 

Survey reveals AI’s impact on the developer experience – The GitHub Blog

 

La capacità dei grandi modelli linguistici (LLM) di generare codice è ben documentata, è sfruttata dall’82% degli sviluppatori e il progresso qualitativo è evidente a ogni nuova release: maggiore aderenza ai pattern sintattici dei linguaggi, migliore inferenza dei contesti applicativi, supporto a framework e librerie sempre più verticali. Tuttavia, scrivere codice non equivale a progettare software.

 

L’ingegneria del software è un processo ampio e articolato, che va ben oltre il coding. Significa definire e validare requisiti, modellare architetture scalabili, progettare interazioni tra moduli, sviluppare e implementare test, garantire la qualità del software e gestirne l’evoluzione nel tempo. Non tutte queste attività richiedono necessariamente la scrittura di codice, ma nell’ambito dell’SDLC (Software Development Lifecycle) sono tutte centrali per costruire soluzioni robuste, sicure e future-proof.

 

È qui che l’AI generativa, in particolare gli AI agent basati su LLM (o Small Language Model, SLM), introduce una discontinuità di metodo, al punto da plasmare l’espressione AI software development lifecycle. Perché l’AI non si limita a velocizzare e automatizzare singole fasi operative partendo da quelle rule-based – esattamente come in tante altre aree di business – ma consente di reimmaginare l’esecuzione di molte fasi dell’SDLC, dalla definizione dei requisiti fino alla manutenzione, in chiave assistita e conversazionale.

 

AI software development è quindi un nuovo modo di lavorare, di progettare e di relazionarsi con gli strumenti utilizzati per sviluppare e gestire sistemi software. Come si vedrà successivamente, non si tratta di delegare il controllo, ma di potenziare l’intelligenza collettiva dei team, con un copilota in grado di supportare ogni fase del SDLC.

 

AI software development lifecycle, dal co-design di use case a requisiti funzionali

 

Nell’AI software development lifecycle, la fase di raccolta e definizione dei requisiti, funzionali e non, resta determinante. Ma rispetto al passato, in cui l’intero processo dipendeva quasi esclusivamente dall’esperienza e dalla visione di analisti e stakeholder, oggi è possibile adottare un approccio di co-design evoluto, potenziato dagli AI agents.

 

L’intelligenza artificiale può essere attivamente coinvolta nell’analisi delle richieste iniziali, nel suggerimento di casi d’uso pertinenti rispetto al dominio applicativo, nell’ipotesi di scenari d’interazione e nella possibile identificazione di lacune progettuali.

 

Se opportunamente addestrati, questi assistenti non si limitano a generare documentazione, ma contribuiscono a esplorare varianti progettuali, a produrre prime bozze di requisiti coerenti con lo stack tecnico aziendale, e a suggerire pattern architetturali consolidati. Ne risulta un processo di definizione molto più fluido e continuo, in cui l’AI affianca i team nella creazione di una base progettuale solida.

 

Supporto alla scrittura e validazione del codice

 

La scrittura del codice rimane l’attività cardine dello sviluppo software, tradizionalmente affidata alla sola esperienza e competenza dei programmatori. Se è vero che gli sviluppatori hanno sempre potuto contare su una qualche forma di assistenza automatizzata (come i debugger), oggi con gli AI agents il supporto è molto più attivo e integrato, potendo giungere a generare direttamente porzioni di codice e a suggerire soluzioni basate sul contesto del progetto.

Secondo un’analisi empirica pubblicata da McKinsey Digital, gli strumenti di AI generativa permettono di:

 

  • dimezzare i tempi necessari per documentare il codice a fini di manutenibilità;
  • scrivere nuovo codice in quasi la metà del tempo finora richiesto;
  • completare le attività di refactoring in circa un terzo del tempo tradizionale.

 

Con un adeguato percorso di upskilling e le corrette leve di adozione a livello enterprise, questi “guadagni” di velocità possono tradursi in un aumento di produttività nel campo dell’ingegneria del software.

 

AI software development, McKinsey analysis

L’aspetto interessante è che, oltre alla velocizzazione, gli strumenti più evoluti possono aiutare a mantenere coerenza e qualità, evidenziando potenziali errori e proponendo refactoring intelligenti.

 

Automazione e ottimizzazione del testing

 

Il testing, da sempre fase critica del ciclo di vita del software, si basa sull’analisi dei requisiti, la definizione dei test case e la loro esecuzione. In passato, questa attività era poco automatizzata, e quindi soggetta a tempi lunghi e potenziali errori.

 

Oggi, con l’introduzione degli AI agents, il testing si trasforma radicalmente. L’intelligenza artificiale è in grado di interpretare documenti di requisiti funzionali indipendentemente dalla loro struttura, sintassi o lingua, generando automaticamente test case coerenti, inclusi casi limite e scenari di interazione complessi.

 

Considerando che un software può richiedere centinaia o migliaia di test, la capacità degli AI agents di idearli, progettarli e di eseguirli – sviluppando anche il codice necessario – determina un impatto straordinario sui tempi e sulla qualità dell’output. Un ciclo di testing che tradizionalmente richiedeva settimane, oggi può essere compresso in pochi giorni, migliorando l’efficacia complessiva del processo di verifica e validazione.

 

Manutenzione e aggiornamento proattivo

 

L’integrazione degli AI agents nella manutenzione e aggiornamento del software può trasformare un processo tradizionalmente reattivo in un approccio proattivo e predittivo. Oltre ad accelerare attività come il bug fixing e il refactoring tramite analisi automatizzate del codice, gli agenti intelligenti sono infatti in grado di anticipare criticità prima che si manifestino.

Attraverso l’analisi di pattern nei log di sistema, metriche di performance e feedback utenti, AI agents opportunamente istruiti possono individuare componenti a rischio di malfunzionamento, suggerire ottimizzazioni mirate e orchestrare il deployment di patch critiche. Inoltre, monitorando il comportamento degli utenti, possono segnalare feature sottoutilizzate o obsolete, supportando decisioni di semplificazione o reingegnerizzazione dell’architettura per migliorare efficienza e usabilità.

 

Gli AI Agents restano strumenti, non sostituti

 

Nonostante le capacità avanzate, gli AI agents rimangono strumenti di amplificazione cognitiva, non sostituti autonomi. Vanno guidati e non possono essere lasciati liberi di agire.

 

La ragione risiede in alcune peculiarità dei modelli linguistici di grandi dimensioni (le cosiddette allucinazioni) nell’incapacità – in relazione a un collega esperto – a gestire pienamente il contesto strategico e organizzativo di un progetto software. Mentre un AI agent può individuare colli di bottiglia nelle performance e proporre ottimizzazioni puntuali, solo uno sviluppatore esperto è in grado di valutare le implicazioni più profonde di un refactoring: sull’evoluzione della roadmap, sull’allineamento con requisiti di business spesso non esplicitati nel codice, o sull’equilibrio tra team e backlog esistenti.

 

È qui che si manifesta il valore della human-AI augmentation. Gli agenti intelligenti eccellono nell’analisi di grandi moli di dati operativi, nel riconoscere pattern ricorrenti anche su archi temporali estesi e nel connettere segnali provenienti da sistemi diversi. Questo consente di liberando le risorse umane per ciò che davvero conta: assumere decisioni architetturali e guidare l’innovazione con visione di sistema