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Credo di poter dire con sicurezza che nessuno capisce la meccanica quantistica.
Richard Feynman

La meccanica quantistica, o teoria dei quanti, rappresenta una delle rivoluzioni più dirompenti all’interno della storia della fisica. Siamo tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX e la cosiddetta “fisica classica” si scontra con una serie di fenomeni riguardanti la materia microscopica: fenomeni che, nonostante affannosi tentativi, non riesce a spiegare. È qui che inizia a farsi strada la meccanica quantistica, un deus ex machina grazie al quale improvvisamente tutto sembra tornare. Ma c’è un prezzo da pagare: arrendersi all’idea che il mondo non è come appare, che le teorie portate avanti in secoli di progresso scientifico sono incomplete e che la realtà, se guardata da molto molto vicino, si comporta in modo parecchio strano: due particelle possono influenzarsi reciprocamente in maniera istantanea anche quando si trovano ad anni luce di distanza l’una dall’altra; un elettrone può, allo stesso tempo, trovarsi e non trovarsi in un certo punto; la Natura sembra avere in sé un’indeterminazione intrinseca, che lo scienziato può esprimere solo attraverso le probabilità. Non è cosa da poco accettare questo nuovo punto di vista: Dio non gioca a dadi, protesta Einstein. Eppure, da questo momento in poi, la meccanica quantistica collezionerà una lunga serie di successi sia in ambito scientifico che tecnologico, passando alla storia come la teoria che forse non sappiamo capire fino in fondo, ma che di certo sappiamo sfruttare.

Oggi viviamo i primi anni di quella che viene chiamata seconda rivoluzione quantistica. Se la prima rivoluzione quantistica viene associata alla nascita della teoria dei quanti e al successivo secolo di innovazioni tecnologiche rese possibili grazie alla sua comprensione (dai transistor ai laser, dai pannelli fotovoltaici alla risonanza magnetica), la seconda promette qualcosa di ancora più ambizioso: l’impiego dei sistemi quantistici al servizio dell’informatica per costruire macchine di calcolo dalle performance straordinariamente superiori a quelle di qualsiasi supercomputer tradizionale: i computer quantistici.

Cosa rende un computer quantistico così diverso? Nei computer che siamo abituati a usare (spesso definiti, in questo contesto, computer “classici”) ogni tipo di informazione (testi, numeri, immagini, video…) viene espressa attraverso sequenze di bit e ciascun bit può assumere soltanto due valori: 0 e 1. In un computer quantistico, invece, l’unità fondamentale che custodisce l’informazione è il quantum bit o, più semplicemente, qubit. Un qubit permette di codificare l’informazione mediante le proprietà esclusivamente quantistiche del supporto fisico con cui viene realizzato. Costruire un computer che lavora con i qubit anziché con i bit permette di aver accesso a due risorse estremamente potenti ai fini del calcolo:

  • La sovrapposizione: per sua natura un qubit può sia codificare separatamente i valori 0 e 1, ma anche entrambi allo stesso tempo. Questo fornisce a un computer quantistico una sorta di naturale parallelismo, che può accelerare molte routine della computazione.
  • L’entanglement: i sistemi quantistici hanno la peculiare proprietà di rimanere correlati gli uni agli altri quando vengono fatti interagire. Questo vale anche per i qubit: se due qubit interagiscono hanno la possibilità di diventare entangled (“intrecciati”) e le operazioni eseguite su uno dei due possono influenzare istantaneamente anche l’altro. Ciò apre la strada a nuovi algoritmi studiati appositamente per trarre vantaggio da questo nuovo fenomeno.

Quali sono, allora, le applicazioni di questo nuovo paradigma di calcolo?

  • Problemi di ottimizzazione combinatoria: in un problema di ottimizzazione bisogna trovare, tra le tante possibili, la soluzione ottima per minimizzare o massimizzare una certa quantità. Tali problemi vengono formulati in moltissimi ambiti, dalla logistica ai trasporti, dalla finanza all’ingegneria. Un computer quantistico può offrire un vantaggio nell’approssimazione della soluzione ottima, spesso difficile o impossibile da trovare data l’enorme vastità dello spazio di ricerca.
  • Intelligenza artificiale e machine learning: uno dei compiti più frequenti che vengono affidati agli algoritmi di apprendimento automatico è quello del riconoscimento di pattern o strutture specifiche all’interno di un dataset. Poiché, per la loro natura probabilistica, i sistemi quantistici sono in grado di generare pattern statistici computazionalmente difficili da realizzare per un computer classico, si pensa che possano essere altrettanto avvantaggiati nel riconoscere pattern che una macchina classica non riesce a riconoscere.
  • Simulazioni: la simulazione del comportamento di un sistema microscopico, come un atomo o una molecola, è un compito particolarmente oneroso per un computer classico a causa del gran numero di correlazioni tra le particelle. Ma un computer quantistico è costruito utilizzando proprio questi sistemi, ed è quindi la piattaforma naturale per simularne il comportamento. Simulare sistemi microscopici di tante particelle è fondamentale in ambiti come l’industria farmaceutica e l’ingegneria dei materiali.
  • Cybersecurity: molti sistemi di crittografia utilizzati oggi prevedono lo scambio di chiavi di cifratura, ovvero una sorta di istruzioni per la codifica o la decodifica di messaggi segreti (come, ad esempio, dati sensibili o password). Tramite opportuni protocolli quantistici di distribuzione delle chiavi, è possibile generare una chiave segreta e fornirla ai soli utenti certificati in totale sicurezza da attacchi informatici.

Gli anni che stiamo vivendo rappresentano gli albori di un’era in cui il modo di concepire il calcolo cambierà per sempre.  Sono gli anni della cosiddetta quantum decade, in cui i primi computer quantistici che abbiamo a disposizione ci permettono di sperimentarne concretamente il funzionamento e le potenzialità. C’è ancora molta strada da fare, soprattutto sul versante hardware: costruire qubit che rispondano in maniera affidabile ai comandi esterni e riescano a sostenere algoritmi complessi è un’impresa tutt’altro che facile. Nel frattempo, intorno alle tecnologie quantistiche, è nato un intero ecosistema che unisce università, imprese e centri di ricerca di tutto il mondo. Questa, in fin dei conti, è già la testimonianza del fatto che, come recita lo slogan dell’iniziativa europea “Quantum Flagship”the future is quantum.

Alfredo Massa